Nella parte più arida e assolata del paese degli Indiani si innalzava una grande montagna che assomigliava a una pannocchia di granturco.
Per questo gli Indiani la chiamavano Montagna di Granturco.
Sulla cima della montagna, in una capanna, abitavano Ahayute e la sua nonna.
Ahayute faceva la stessa vita di tutti gli altri ragazzi della sua età: mangiava, dormiva, giocava, cacciava piccoli animali. In più, sognava.
Sognava sempre di compiere qualche grande impresa che avrebbe reso famoso il suo nome in tutto il paese.
- Ci riuscirò
- Diceva sempre.
- Sono veloce come l'antilope, forte come il bisonte, agile come la trota.
Un giorno arriverà la grande occasione e la gente parlerà di me con rispetto e ammirazione.
Ma il tempo passava e, mentre gli altri ragazzi della sua età ormai erano diventati uomini, lui aspettava ancora di diventare famoso.
Spesso tornava alla capanna malinconico e abbattuto perché le sue speranze non si realizzavano, toccava appena il cibo.
- Io so che cosa ti affligge
Gli disse un giorno la nonna.
- E saprei anche come aiutarti, ma ho paura che tu corra troppi perìcoli.
Meglio non dirti niente...
Ma Ahayute incuriosito, insisté tanto e poi tanto che la nonna alla fine cedette. Con una voce così bassa che si udiva appena, cominciò a raccontare.
- Devi sapere che, tanto, tanto tempo fa, il
Mangianuvole si stabilì nei paesi dell'Est.
- Il Mangianuvole?
La interruppe Ahayute.
- Non ho mai sentito questo nome.
- È un mostro alto come la Montagna di
Granturco e la sua bocca spalancata è così grande che si estende da un capo all'altro dell'orizzonte.
Divora tutte le nuvole che passano e per questo abbiamo così poca pioggia e, a volte, uomini e animali rischiano di morire di sete.
- Nessuno ha mai cercato di ucciderlo?
- Si stupì Ahayute.
- Molti uomini coraggiosi sono partiti per
l'Est, ma nessuno è mai tornato.
Puoi provare anche tu, se vuoi, ma ti avverto che è un'impresa pericolosissima
Sussurrò la nonna, a voce sempre più bassa.
- La sola cosa che posso fare per aiutarti, è regalarti queste quattro piume magiche.
Tirò fuori da una cassettina di legno quattro piume di colori diversi, le dette al nipote e riprese.
- Ecco: se metterai nei capelli la piuma
rossa, essa ti condurrà fino al regno del Mangianuvole.
La piuma azzurra ti servirà per capire il linguaggio degli animali; quella gialla ha un potere ancora più grande: può farti diventare così minuscolo da entrare nella tana di un topo.
L'ultima, quella nera, ti darà la forza necessaria per combattere.
Ahayute non volle sapere altro.
Si mise la piuma rossa nei capelli, ripose con cura le altre e partì, lasciandosi alle spalle la Montagna di Granturco.
Viaggiò verso Est finché non ebbe raggiunto il regno del Mangianuvole.
Qui la terra era arida e polverosa, l'erba era secca e gli alberi pure.
Proprio un gran brutto posto, senza tracce di vita.
Ahayute stava chiedendosi che fare, quando vide una piccola talpa che, uscita dalla sua tana, lo osservava con aria incuriosita.
Subito si mise la piuma azzurra nei capelli e chiese alla bestiola, nel linguaggio delle talpe:
- Dove posso trovare il Mangianuvole?
- A una notte di cammino da qui
Rispose la talpa.
- Ma, povero te, non appena l'avrai visto, morrai.
Guardati intorno: tutto qui è arido, bruciato, sterile.
Lui ha distrutto ogni cosa vivente.
Solo io sono riuscita a salvarmi perché abito sottoterra.
- Davvero?
Disse Ahayute.
E si infilò nei capelli la piuma gialla.
Subito cominciò a rimpicciolire e dopo qualche istante non era più grosso della talpa.
- Ora potrò passare attraverso le gallerie
della tua tana.
Le disse.
- Il Mangianuvole non mi vedrà e lo raggiungerò senza pericolo.
- Sei astuto, oltre che coraggioso
Borbottò la talpa.
- Nessuno di quelli che sono passati da qui ha mai pensato di chiedere il mio aiuto e tutti sono morti.
Vieni, ti mostrerò volentieri la strada.
Ahayute si chinò ed entrò nella tana, seguendo la talpa.
In principio non riusciva a vedere niente, poi pian piano i suoi occhi si abituarono all'oscurità e si sentì più tranquillo.
Il viaggio durò a lungo.
La talpa aveva delle scorte di cibo disposte a intervalli nelle gallerie e così, di tanto in tanto, si fermavano per mangiare qualcosa e riposare un poco.
A un certo punto la galleria cominciò ad attorcigliarsi, a girare.
La talpa disse:
- Siamo sotto la dimora del Mangianuvole.
Ascolta e sentirai la terra tremare.
E aveva ragione.
La terra tremava e qualche sasso cadde rotolando nella galleria.
Poi tremò ancora più forte.
- Il Mangianuvole sta dormendo e si agita
nel sonno
Spiegò la talpa, per niente spaventata.
- Andiamo avanti.
Proseguirono e infine la galleria terminò. Più avanti c'era una grande stanza. Ahayute riprese la sua statura normale, ma dovette subito
abbassare la testa perché il soffitto si muoveva su e giù a ritmo regolare.
- Questo è il battito del cuore di Mangianuvole
Sussurrò la talpa.
- Dovrai impiegare tutte le tue energie se vuoi raggiungerlo con una freccia.
Ahayute si infilò tra i capelli l'ultima piuma, quella nera, e immediatamente si sentì invadere da una forza straordinaria.
Prese l'arco, la freccia più lunga e aguzza, mirò nel punto in cui il soffitto si abbassava di più, tese la corda e tirò.
Un terribile ruggito scosse la terra, Ahayute sentì il mondo crollargli addosso, poi più niente. Quando rinvenne, era disteso per terra e la talpa gli asciugava la fronte.
Poco lontano, giaceva il corpo mostruoso del Mangianuvole.
- Ce l'hai fatta!
Gridò la talpa, ballando e saltando.
- L'hai ucciso!
Prima di morire, lui ci ha lanciato addosso una gran quantità di pietre, alcune ti hanno colpito, altre hanno chiuso l'ingresso della galleria, ma io ne ho scavata un'altra e ti ho portato in salvo.
Hai compiuto un'impresa veramente grande e tutti gli Indiani delle terre aride ti ricorderanno per sempre!
Ahayute guardò il corpo del mostro, poi guardò il cielo.
Nuvole cariche di pioggia, basse e scure si avvicinavano.
Portavano verde e vita nel paese arido e portavano anche la notizia che Ahayute era diventato un uomo.