Passione

Aforismi

Il cervo incantato

In un grande villaggio indiano vivevano due bambini, fratello e sorella.
Lei si chiamava Kato, lui Wabi.
La loro mamma era morta quando erano piccoli e il padre aveva preso un'altra moglie, una donna malvagia, dal cuore di pietra.
Kato e Wabi cercavano di essere buoni, di rendersi utili, cercavano di dimenticare che avevano una cattiva matrigna, ma un giorno...
Un giorno, alla fine dell'inverno, i ragazzi del villaggio che andavano a raccogliere radici nella prateria, videro Kato e Wabi, tristi tristi, che uscivano dalla loro capanna.

- Non venite con noi a cercare radici?

Gli chiesero.
Kato scoppiò in lacrime, Wabi rispose:

- La nostra matrigna ci ha cacciati via.
Diceche siamo abbastanza grandi per arrangiarci da soli e che le diamo fastidio. Perciò dobbiamo lasciare il villaggio.


- Dove andrete?
I boschi e le foreste sono pieni di bestie feroci e di spiriti malvagi!


- Io non ho paura.

Disse Wabi.

- Ho l'arco e le frecce e so come difendermi.

Poi, rivolto alla sorella, aggiunse:

- Coraggio, Kato, non possiamo perdere tempo, dobbiamo costruirci un rifugio da qualche parte, prima che il sole tramonti.

E, mano nella mano, fratello e sorella presero il sentiero che portava alla foresta.
Camminarono, camminarono... oh, quanto camminarono!
Il sentiero era stretto, fiancheggiato da cespugli fitti fitti, tra gli alberi echeggiavano rumori strani, paurosi.
Il buio si faceva sempre più profondo e, in quel buio, comparivano e scomparivano grandi uccelli neri svolazzanti, orribili facce che ogghignavano.
Kato era così spaventata che a un certo punto si fermò: non voleva più andare avanti.

- Non possiamo fermarci proprio adesso

Le disse Wabi.

- Abbassa la testa, così non vedrai niente; continua a camminare e sono sicuro che tra poco usciremo da questa terribile foresta.
Kato obbedì e proseguì, con lo sguardo fissoa terra. Wabi, invece, per guidare la sorella, doveva per forza guardarsi intorno e quello che vedeva era proprio spaventoso: tra gli alberi e i cespugli danzavano, sempre più numerose, quelle facce orribili di ogni colore, gialle, verdi, rosse, che di tanto in tanto tendevano lunghe braccia scheletriche come se volessero afferrarlo.
E lui non sapeva da che parte scappare per evitarle.
D'un tratto Kato, che continuava a camminare a testa bassa, esclamò:

- Guarda, Wabi, delle orme!

Wabi guardò.
Sua sorella aveva visto giusto: c'erano delle grandi orme di cervo sul terreno molle.
Allora disse:

- Seguiamole, forse ci porteranno fuori dalla foresta.

Seguirono le orme e, come per miracolo, le terribili apparizioni scomparvero e così anche i rumori paurosi.
Pian piano gli alberi diventarono meno grandi, i cespugli meno fitti e, poco dopo, i bambini si trovarono in una bella radura erbosa con un'enorme quercia in mezzo.
Le orme del cervo andavano proprio verso la quercia.
Kato e Wabi la raggiunsero e si sedettero all'ombra.
Erano stanchissimi, avevano camminato tanto!

- Ho sete

Disse Wabi.
Non aveva neanche finito di parlare che l'orma di cervo più vicina si riempì d'acqua limpidissima.
Si chinò per bere e sua sorella lo supplicò di non farlo.

- Quell'orma e quell'acqua sono sicuramente fatate

Disse.

- Aspetta ancora un poco, fratello, vedrai che presto troveremo una sorgente.

Wabi non le dette ascolto, aveva troppa sete, e bevve un gran sorso.
Subito si sentì diventare pesante pesante, mani, testa e piedi cominciarono a prudergli e provò una gran voglia di correre, di saltare.

- Che cosa mi sta succedendo?

Gridò, spaventato.
E Kato rispose, con voce tremante:

- Che il Grande Spirito ci aiuti!
Ti stanno crescendo due corna sulla fronte e una pelliccia bianca ti ricopre tutto!


Wabi tentò di alzarsi da terra, ma non ci riuscì.
Alle mani ed ai piedi, invece delle dita, ora aveva degli zoccoli e quando volle parlare dalla bocca gli uscì uno strano muggito: era diventato un cervo, un cervo bianco.
Kato, disperata, cercò di strappar via la pelliccia, di rompere le corna, ma non ci riuscì.
Pianse, singhiozzò e alla fine, esausta, appoggiò la testa al corpo caldo del cervo e si addormentò.
Dormì a lungo.
A mezzanotte qualcosa la svegliò: una voce che si alzava sopra il mormorio del vento e che diceva:

- Finalmente mi sono sbarazzata per sempre di quei due!

Era la voce della matrigna!
Un'altra, stridula, stridula, le rispose:

- Eh, sì.
Wabi resterà per sempre un cervo, a meno che qualcuno non abbatta la quercia.
E questo non accadrà mai.


Le due voci tacquero. Kato si guardò intorno, ma il buio era fitto e non vide niente.
Allora si mise a piangere e, piangendo, si addormentò di nuovo.
Quando si svegliò, la mattina all'alba, ricordò quello che avevano detto le voci misteriose; cercò subito una pietra tagliente, costruì una piccola ascia e cercò di abbattere la quercia, ma il legno era troppo duro e l'ascia si spezzò al primo colpo.
Kato la gettò via e, piangendo, abbracciò il cervo bianco.

- Oh, mio povero Wabi.

Gli mormorò all'orecchio, accarezzandolo.

- Non riuscirò mai ad abbattere quell'albero da sola, e tu non puoi aiutarmi!
Ora costruirò una capannuccia di rami, così, almeno, saremo al coperto, di notte.


E cominciò così la vita della bambina e del cervo bianco nella radura in mezzo alla foresta.
Ogni giorno lei andava a raccogliere radici e frutta selvatica, ogni giorno lui pascolava qua e là e tornava solo al tramonto.
Una mattina Kato sentì delle grida e dei rumori che venivano dal folto della foresta, uscì dalla capanna e vide il cervo bianco che correva verso di lei, inseguito da un gruppo di cacciatori.
Le frecce volavano fitte nell'aria e, prima o poi, qualcuna lo avrebbe colpito. Tremando, il cervo si fermò vicino alla quercia e Kato, coraggiosamente, gli fece scudo con il suo corpo.
I cacciatori, stupiti, abbassarono gli archi e si avvicinarono ai due.
Tra loro c'era anche il padre di Kato che subito riconobbe la figlia.
La prese in braccio, la strinse forte forte e le chiese:

- Che cosa ci fai, qui?
Dov'è tuo fratello?
Perché siete fuggiti dal villaggio?


Con poche parole Kato raccontò l'accaduto, singhiozzando.
I cacciatori l'ascoltarono, stupiti, poi impugnarono le loro pesanti asce e cominciarono a colpire con forza il tronco della quercia.
Schegge di legno volavano da tutte le parti, ma l'albero non cadeva.
Un cacciatore disse:

- Accendiamo un gran fuoco e bruciamolo.
In fretta tutti ammucchiarono una quantità di fascine ben secche intorno al tronco e le incendiarono.
Il fuoco corrose pian piano l'albero che, finalmente, rovinò a terra con un rumore terribile.
Nello stesso istante il cervo bianco scomparve ed ecco, al suo posto, Wabi.
Una gran nube di fumo si alzava dalla quercia in fiamme e, tra quel fumo, i cacciatori videro un grosso gufo volare via, strillando, verso il folto della foresta.

- Uno spirito!
Uno spirito cattivo!


Gridarono i cacciatori.

- Sì, è proprio così.

Disse Wabi a bassa voce.

- La nostra matrigna era una strega e ora, cambiata in gufo, subisce la punizione che si è meritata: vivrà per sempre nella foresta insieme agli altri spiriti malvagi.

Poi tutti tornarono al villaggio.
Di quello che era accaduto, delle magie, delle trasformazioni, degli incantesimi, rimase solo la grande quercia abbattuta che continuava a bruciare con un gran fumo scuro.