Fin dalla prima infanzia
un Gatto e un Passerino
all'ombra degli stessi Dèi penati
vivean, l'un nella gabbia,
e in un canestro l'altro a lui vicino.
Le mie due care bestie
facean spesse baruffe
col becco l'una e l'altra colla morbida
zampa. Non eran zuffe
tremende, no, che il tenero gattino
non armava d'artigli lo zampino.
Spesso con colpo secco
il Passero col becco
dai ferri gli rispose,
ma il Gatto compativalo.
Tra vecchi amici è sempre buono ed utile
non inasprir le cose.
Eran cresciuti insieme
in lunga consuetudine,
e più che in lotte estreme
finian le lotte in giochi ed in facezie.
Un giorno arriva a un tratto
un Passero a trovar il Passerino,
e ruppe l'armonia che il giusto Gatto
avea col suo vicino.
Mi spiego. Tra i due passeri seguia
ben presto una discordia:
e Mangiatopi disse: - In fede mia,
ad insultar costui vien l'amicizia.
Non voglio che un estraneo
venga a strozzar il mio vecchio vicino.
No, pei gatti immortali! - e frammischiatosi,
fece del tristo uccello un bocconcino.
Ma intanto ch'ei rosicchia
il forestiero uccello,
- Perbacco! - dice in cor, - un fegatello
scommetto che non è di questi passeri
più molle ed eccellente -.
E questa riflession naturalmente
indusse il Gatto scaltro
a rosicchiar in pace anche quell'altro.
Qual morale si può da questo fatto
tirar, lettori miei? Senza morale
la favola è un boccone senza sale.
Non è difficil spremerne l'estratto,
ma non vorrei sbagliare.
A voi lascio, Signor, l'indovinare.
Son giochi adatti al vostro genio; è stanca
la Musa e quello spirito le manca
che brilla in voi, Signore;
con lei son stanche tutte l'altre suore.