Mangialardo Secondo, l'Alessandro
di tutti i gatti, l'Attila dei Topi,
ho letto in un famoso favolista
che sol colla sua vista
metteva indosso tanta frenesia,
che a quattro miglia intorno
non v'era un Topo in tutta Sorceria.
Mangialardo, anzi Cerbero secondo,
volea di Topi ripulire il mondo.
Schiaccie, veleni e trappole
eran pei Topi un ninnolo,
una carezza a petto di costui.
Onde tappati stavano
dentro le tane i miseri,
il che garbava forse poco a lui.
Per eccitarli finse il maledetto
d'essere morto: e volta in giù la testa,
alla gronda tenendosi d'un tetto,
si sforzava di fare l'impiccato.
I Topi, i quali credon che pagato
egli abbia il fio per qualche ladreria
di formaggio o d'arrosto, al funerale
promettono di fare un carnevale.
Sporgono il muso, guardano all'insù,
poi scappan dentro, poi tornan di qua,
e poi chi qua, chi là,
escon, ch'è un pezzo che non mangian più.
Quando a un tratto il messer risuscitò
e sui più grassi rapido piombò.
- Questa è di guerra vecchia strategia, -
esclama, - e ne conosco di più belle,
per cui verrete tutti a casa mia -.
E disse il vero. Il nostro buon Moina
un'altra volta l'abito infarina,
e così bianco quatto s'accovaccia
a dar la caccia
dentro una madia aperta di cucina.
Escon quindi a mangiare i Rubatocchi
e dàn dentro la pania:
solo il più vecchio Topo della tana,
ch'anco la coda avea perduta in guerra,
vedendo quell'arnese infarinato,
disse fra sé: - Sarai forse farina,
ma fossi anche una pentola di gnocchi,
pazzo chi s'avvicina.
No, no, qui fiuto un nuovo accordellato
del general Moina -.
Approvo anch'io del Topo veterano
il detto e la prudenza.
Va sicuro chi va con diffidenza.