Io voglio bene a mio fratello anche così, ma soprattutto perché ha fatto il soldato al posto mio.
Ecco come andò la cosa: tirarono a sorte. La sorte cadde su me.
Dovevo andare a fare il soldato e io, allora, mi ero sposato da una settimana soltanto.
Non volevo lasciare la mia giovane moglie.
- Come farà Petruska a partire, giovane com'è?
Ma non c'era niente da fare e s'incominciò a preparare la mia roba.
Mia moglie mi cucì delle camicie, raccolse un po’ di denaro e l'indomani dovevo presentarmi all'appello, in città.
La mamma piangeva disperata e io, al pensiero di dover partire, mi sentivo stringere il cuore come se andassi alla morte.
La sera ci riunimmo a cenare tutti insieme.
Nessuno aveva voglia di mangiare.
Mio fratello maggiore, Nikolàj, era sdraiato sulla stufa e non parlava.
La mia sposina piangeva.
Il babbo era irritato.
Quando la mamma portò in tavola la "kasa", nessuno la toccò.
Allora la mamma chiamò Nikolàj perché scendesse a mangiare.
Egli scese, si fece il segno della croce, sedette a tavola e disse:
- Non disperarti, "matuska" andrò io a fare il soldato al posto di Petruska, sono più vecchio di lui.
Forse me la caverò.
Farò il mio servizio e poi tornerò a casa.
E tu Pëtr, quando io sarò lontano, abbi cura del babbo e della mamma e non trattar male mia moglie.
Io mi rallegrai tutto; anche la mamma smise di piangere, e s'incominciò a fare i preparativi per lui.
L'indomani mattina quando mi svegliai e mi misi a pensare che mio fratello partiva al posto mio, mi sentii male.
Gli dissi:
- Non andare, Nikolàj: tocca a me e andrò io.
Ma lui taceva e si preparava. E mi preparai anch'io.
E andammo tutti e due in città, al distretto.
Lui restò e restai anch'io.
Eravamo entrambi ragazzi robusti, aspettavamo entrambi.
Mio fratello maggiore mi guardò, sorrise e disse:
- Basta, Pëtr, ora vattene a casa.
E non rattristarti per me, io vado volentieri.
Scoppiai in pianto e tornai a casa.
E ora, quando penso a mio fratello, mi sento pronto a dare la vita per lui.