Quel giorno una piccola pulce sembrava meno vivace del solito.
Le sue minuscole alette non avevano voglia di scuotersi e le zampettine che normalmente la portavano a saltellare avanti e indietro, erano pressoché immobili.
Era una pulce graziosa e nervosetta, anche se quel mattino la noia pare va essersi impossessata di lei.
Per vivacizzare le sue ore decise di andare a trovare il bue della fattoria.
Il grande animale pascolava quieto nelle verdeggianti distese erbose che circondavano le stalle, scuotendo di tanto in tanto la sua lunga coda sotto i caldi raggi del sole.
Con agili piroette l'animaletto andò a posarsi davanti a lui.
- Salve.
Strillò con un vocino acuto.
- Oh, buongiorno.
Rispose gentilmente il bue avvicinando il suo grosso muso al minuscolo corpicino dell'insetto.
- Sai,
disse la piccolina,
- avevo voglia di chiacchierare con qualcuno.
- Bene, e di cosa vogliamo parlare?
Chiese il bue.
- Non so..., raccontami un pò del tuo lavoro.
- Io lavoro per l'uomo e svolgo duri compiti.
Il mio padrone é un contadino e per lui tiro l'aratro, obbedendo a ogni suo ordine.
Spiegò il bue.
- Che buffo!
Squittì la piccola pulce.
- Io invece non prendo ordini da nessuno e mi riposo quando ne ho voglia.
L'unica cosa a cui devo fare attenzione è di non essere schiacciata dalle manacce di qualcuno.
Ma tu cosa ne ricavi da tanta fatica?
Il bue, con un moto di commozione nella voce, mormorò:
- Ecco vedi, quelle mani di cui tu hai paura, si trasformano per me in tenere carezze.
Mentre parlava alcune lacrime di gioia gli scivolarono lungo il muso.
- L'uomo apprezza il lavoro che svolgo per lui e mi ripaga con tanto affetto.
La pulce, stupita dal pianto del suo amico, si allontanò piano ripensando a quanto udito.
Chissà, forse quell'affetto di cui il bue parlava con tanta commozione era veramente un bel premio.
Morale della favola
A volte è difficile comprendere come per certe persone realmente disinteressate l'affetto possa costituire la migliore ricompensa del loro operato.