Passione

Aforismi

Editoria

Avere le proprie pubblicazioni tra la corsia dei surgelati e quella dei detersivi è considerato il punto di arrivo nonché il maggior traguardo possibile per ogni produttore di libri.
Barabba era un editore.
C'è solo un giudice ultimo della scrittura ed è lo scrittore. Quando diventa preda di critici, redattori, editori e lettori è finito. E naturalmente quando diventa preda della fama e della gloria potete buttarlo a mare insieme agli stronzi.
C'è una regoletta semplicissima per distinguere un editore commerciale da uno “non commerciale”: il secondo non pubblica mai un libro con l’esclusivo scopo di fare soldi, ma anche nella presunzione che abbia un pubblico sulla base del suo marchio.
Chi più sproporzionato di un editore che si mette davanti all'arte con le sue grosse mani terrene, i suoi occhiali e i suoi conti?
Essere editore è innanzitutto saper dire no.
Gli editori credono ciecamente, con apriorismo razzistico, che la poesia sia tabù per la libreria. E lo credono anche i librai.
Gli editori, così gentili quando non si pubblica con loro.
I librai sono creature del demonio e dovrebbe esserci un inferno apposta per loro.
L'editore cavalca il turbine e dirige la tempesta.
L'editoria è un mondo del tutto imprevedibile e dove oggi c’è un best-seller e l’idea di un certo tipo di narrativa, si può star certi che sei mesi dopo il vento soffierà da un’altra parte. L’editoria (a differenza della letteratura) vive nel presente ed è sempre al passo con i tempi.
L'editoria è uno strano mestiere. Usa lo spirito per fare soldi, e i soldi per fare lo spirito.
L'editoria è un’autonoma provincia dello spirito. Non è un’appendice della politica né dell’ideologia. L’editoria periodica ha un direttore responsabile che segue una certa linea politica e ne risponde all’editore. L’editoria libraria risponde agli autori.
Questo è sempre stato il vero segreto dell'editore: saper mettere insieme, collegare, amalgamare autori giovani e maturi, libri buoni e libri scadenti o pressoché invendibili. Con queste premesse, è abbastanza facile descrivere la funzione dell'editore. Egli è il primo partner dell'autore.
Scrivere? A che pro? Dov'è l'editore? Certo non pagherà, anzi vorrà essere pagato. Nei giornali? Il direttore è stato prescelto fra i quattro o cinque autentici cretini della città.
Si pubblicano molti libri di stupidi perché di primo acchito ci convincono. Il redattore editoriale non è tenuto a riconoscere lo stupido. Non lo fa l'accademia delle scienze, perché dovrebbe farlo l'editoria?
Un editore è fatto più spesso di difetti che di qualità. Deve essere, per esempio, aggressivo, prepotente e colonialista. Deve spingere la propria ambizione fino alla vanità, per far propria la vanità segreta dello scrittore. Deve saper mentire per poter sostenere anche i libri di cui non sia convinto. Deve, talvolta, dar credito più all'istinto che al raziocinio.
Un editore è qualcuno che separa il grano dalla pula e poi stampa la pula.
Una volta nell'editoria c'era il direttore letterario che non doveva rispondere a nessuno. Oggi il direttore letterario è anche di­rettore editoriale: non giudica più sulla base del valore ma sulle richieste del marketing. Il suo giudizio non è letterario ma editoriale e attiene alla vendibilità e alle possibilità di essere visibili nei mass media.
È più facile camminare con Cristo sulle acque che con un editore attraverso la vita.