A cosa è dovuto quel lasciarsi andare che ogni tanto ci coglie, quella spossatezza, quel cedere volontariamente e voluttuosamente alla propria rassegnazione, se non a un pressante bisogno di riposo da una continua e faticosa tensione verso una felicità così difficile da raggiungere, ma che, nonostante tutto, si vuole raggiungere?
A questo mondo vi è poca gente che si rassegna a perdite piccole, sono le grandi che inducono immediatamente alla rassegnazione.
Amo gli alberi perché sembrano più rassegnati di ogni altro essere o cosa al modo in cui devono vivere.
Ci si può rassegnare alla disperazione, ma anche ci si può disperare della rassegnazione.
Ciò che chiamiamo rassegnazione non è altro che disperazione cronica.
Conviene rassegnarsi, e continuare a sperare.
Coraggio, soprattutto a livello individuale, è anche volontà civile e responsabile di non rassegnarsi all’incalzante degrado morale. E infine quella buona cosa che consiste nel saper
pagare sulla propria pelle i propri errori: virtù assai rara oggigiorno ma per questo ancor più
apprezzabile.
Dall'abito della rassegnazione sempre nasce noncuranza, negligenza, indolenza, inattività, e quasi immobilità.
Di fronte a una disgrazia non è sufficiente rimanere calmi. Quando sopraggiunge la sventura, il samurai deve rallegrarsene e andare avanti con coraggio. Un'attitudine simile differisce radicalmente dalla rassegnazione. Questo è ciò che afferma il detto: "Quando le acque salgono, la barca fa altrettanto".
Il distacco e la rassegnazione possono essere tutt’al più il fine della consapevolezza, non il mezzo per evitarla.
Il dolore, in chi manca di pane, è più rassegnato.
L'abitudine genera rassegnazione. La rassegnazione genera apatia. L’apatia genera inerzia. L’inerzia genera indifferenza.
L'essenza dell'ottimismo non è soltanto guardare al di là della situazione presente, ma è una forza vitale, la forza di sperare quando gli altri si rassegnano, la forza di tenere alta la testa quando sembra che tutto fallisca, la forza di sopportare gli insuccessi, una forza che non lascia mai il futuro agli avversari, il futuro lo rivendica a sé.
L'invidioso è un impotente incapace di rassegnarsi.
L'unico loro desiderio non era rassegnarsi, ma poter smettere di sperare. Perché la speranza uccide più lentamente.
La capacità di dimenticare nasce da debolezza e invece la capacità di rassegnarsi nasce da una forza che può essere ascritta tra le virtù.
La collera aspira a punire: e, come osservò acutamente, a questo stesso proposito, un uomo d'ingegno, le piace più d'attribuire i mali a una perversità umana, contro cui possa far le sue vendette, che di riconoscerli da una causa, con la quale non ci sia altro da fare che rassegnarsi.
La rassegnazione sta al coraggio come il ferro all'acciaio.
La rassegnazione è il coraggio del dolore cristiano.
La rassegnazione è la posizione più comoda di un infermo che si è rigirato a lungo tra i tormenti per poterla trovare, e così ha finito per stancarsi e, con la stanchezza, ha trovato anche la posizione.
La rassegnazione è la vittoria del vinto.
La rassegnazione è un suicidio quotidiano.
La serenità è fatta di 50% rassegnazione e 50% indifferenza. Ci si accontenta di essere sereni quando sappiamo di non poter essere felici.
La serenità è il frutto della rassegnazione all'incertezza.
La speranza, al contrario di quanto si crede, equivale alla rassegnazione. E vivere non è rassegnarsi.
Lo scrittore è essenzialmente un uomo che non si rassegna alla solitudine.
Mai rassegnarsi, mai scappare. Meglio affrontare tutto, e soffrire. Non è poi così male ma mai, in nessun caso, rassegnarsi.
Nella vita non bisogna mai rassegnarsi, arrendersi alla mediocrità, bensì uscire da quella "zona grigia" in cui tutto è abitudine e rassegnazione passiva.
Nella vita non si risolve nulla; tutto continua. Si resta nell'incertezza e si resterà sino alla fine senza sapere come regolarsi; intanto la vita continua, continua, come se nulla fosse. E anche a questo ci si rassegna come a tutto il resto. Come a tutto.
Noi tutti siamo rassegnati alla morte: è alla vita che non siamo rassegnati.
Non ci si rassegna mai. Si decide di tacere, è tutto.
Non di rado i grandi mali hanno sui meno grandi almeno questo vantaggio, che persuadono la rassegnazione.
Non difendere il proprio territorio, la propria casa, i propri figli, la propria dignità, la propria essenza, è contro ragione. Accettare passivamente le sciocche o ciniche menzogne che ci vengono somministrate come l'arsenico nella minestra è contro ragione. Assuefarsi, rassegnarsi, arrendersi per viltà o per pigrizia è contro ragione.
Non si deve confondere destino con fatalità. Se è bello armonizzare con il proprio destino, non bisogna che l'anima diventi lo strumento della fatalità. Nel primo caso si ha l'accettazione attiva: ed è bene; nel secondo caso si ha la rassegnazione passiva: ed è male.
Non è nella rassegnazione, ma nella ribellione di fronte alle ingiustizie, che noi ci affermeremo.
Non è prendendo in giro la vita che si ottiene la felicità. È solo attraverso la rinuncia spontanea e la rassegnazione alla perdita che ci prepariamo alla morte e che otteniamo un minimo di felicità.
Pensarlo possibile ti spinge a darti da fare. Se ti rassegni, se pensi che invece il meglio sia passato, allora ti metti nel tuo angolo, immobile, ad aspettare l’arrivo del peggio.
Per molti aspetti, la felicità non è altro che la pratica quotidiana della rassegnazione.
Per non assuefarsi, non rassegnarsi, non arrendersi, ci vuole passione. Per vivere ci vuole passione.
Quando riesci a realizzare qualcuno dei tuoi sogni, provi una doppia sensazione: subito l’esaltazione per quello che stai vivendo e poi la rassegnazione per il fatto che quel sogno, essendo diventato realtà, non ce l’hai più.
Quella specie di coraggio ridicolo che si chiama rassegnazione.
Quello che ciascun uomo può compiere è il movimento della infinita rassegnazione; e, per conto mio, non esiterò ad accusare di viltà chiunque si immagini di esserne capace.
Rassegnandosi, lo sfortunato consuma la sua sfortuna.
Rassegnarmi a tutto l'orrore d'una lunga prigionia, rassegnarmi al patibolo, era nella mia forza. Ma rassegnarmi all'immenso dolore che ne avrebbero provato padre, madre, fratelli e sorelle, ah! questo era quello a cui la mia forza non bastava.
Rifiuto di rinunciare a me stesso e rassegnarmi. Un uomo rassegnato è un uomo morto prima di morire, ed io non voglio essere morto prima di morire. Non voglio morire da morto! Voglio morire da vivo!
Sembra che mai nulla si decida ad andare per il verso giusto finché siamo anche soltanto un poco rassegnati.
Solo chi ricerca, e sente che deve farlo, ha in uggia dogmi e ideologie, non si rassegna a verità codificate, già impacchettate e pronte per il commercio di anime.
Umiltà è la cancellazione delle colpe per la conoscenza del male e per lo sforzo verso il bene, la rassegnazione di fronte ai mali che colpiscono gli esseri viventi.
Una buona dose di rassegnazione è di fondamentale importanza per affrontare il viaggio della vita.
Vi è in ogni uomo una capacità enorme di rassegnazione, l'uomo è naturalmente rassegnato. È per questo che dura.
Vivere con leggerezza, ma non sconsideratamente; essere gioiosi senza essere chiassosi, essere coraggiosi senza essere temerari; mostrare fiducia e allegra rassegnazione senza fatalismo, questa è l'arte di vivere.