Chi censura un autore satirico, censura le sue opinioni. Un tempo si chiamava fascismo.
Chi ha una vena satirica, come fa agli altri temere il suo spirito, dovrebbe aver timore della loro memoria.
Chi non apprezza la satira, la comicità, l'ironia, e peggio ancora il senso dell'umorismo, non può che condurre una vita stupida e miserabile.
Come su individui vivi non si esercita l'anatomia, così non si esercita la satira, pena il non essere sicuri della propria pelle e della propria vita.
Dove non arriva la spada della legge, là giunge la frusta della satira.
Il piacere che noi proviamo della satira, della commedia satirica, della raillerie, della maldicenza ec. o nel farla o nel sentirla, non viene da altro se non dal sentimento o dall'opinione della nostra superiorità sopra gli altri, che si desta in noi per le dette cose, cioè in somma dall'odio nostro innato verso gli altri.
Il satirico è un uomo che non è sicuro della sua vita, perché egli mette in mostra la verità.
L'umorista corre con la lepre, il satirista insegue con i cani.
La collera della satira è inutile: basta mostrare le cose come sono. Sono abbastanza ridicole di per sé.
La satira ci rende fieri, come se ci riconoscesse uno stato civile artistico, un diploma che ci sollevi dalla mediocrità e dal grigiore delle parti secondarie.
La satira dovrebbe, come un rasoio ben affilato, ferire con un tocco che appena si veda o si senta.
La satira non ha padroni, quindi sta bene sotto ogni padrone.
La satira non sceglie né conosce i suoi oggetti. Nasce nella fuga da essi, che le premono addosso.
La satira va somministrata con l'imparzialità d'una perfetta burocrazia: senza un occhio di riguardo per nessuno.
La satira è estranea a qualsiasi ostilità e significa una benevolenza per una totalità ideale, che essa raggiunge non andando contro ma attraversando i singoli esseri reali.
La satira è tragedia più tempo. Se aspetti abbastanza tempo, il pubblico, i recensori, ti permetteranno di farci satira.
La satira è un atto sovrumano, perché ci vuole molta grandezza e molto coraggio per calpestare figuratamente la dignità umana.
La satira è un gradino sotto l'ironia.
La satira è un'espressione che è nata proprio in conseguenza di pressioni, di dolore, di prevaricazione, cioè è un momento di rifiuto di certe regole, di certi atteggiamenti: liberatorio in quanto distrugge la possibilità di certi canoni che intruppano la gente.
La satira è una lezione, la parodia un gioco.
La satira è una sorta di specchio dove chi guarda scopre la faccia di tutti tranne la propria.
La scrittura satirica non è uno sport, cioè, non chiede eleganza e rispetto delle leggi, chiede soltanto la forza di una sopraffazione. E a questo punto tutti i mezzi sono buoni.
La tragedia e la satira sono sorelle e vanno di pari passo; tutte e due prese insieme si chiamano verità.
Le parodie e le caricature sono le critiche più acute.
Le satire che il censore capisce vengono giustamente proibite.
Le scimmie sono una satira vivente della razza umana, con innumerevoli variazioni.
Lo scrittore satirico non può mai sacrificare qualcosa di superiore per una battuta: perché la sua battuta è sempre superiore a ciò che sacrifica.
Lo spiritoso fa ridere parlando delle altre persone; il satirico fa ridere parlando del mondo; l'umorista fa ridere parlando di se stesso.
Per me la satira è una valvola di sfogo per il malcontento della gente, la mia funzione è quella di additare gli scompensi, le contraddizioni che ci sono nel governo e anche nelle opposizioni. In questo senso, certo, è omogenea al sistema.
Satira. Genere antiquato di composizione letteraria in cui vizi e follie dei nemici personali dell'autore venivano presentati con una tenerezza un po' lacunosa.
Se l'uom fosse meno accecato dall'amor proprio, avrebbe in abborrimento, più che la satira, l'adulazione. Quella di sua natura tende a sanare, questa a corrompere la mente ed il cuore.
Se la satira si pone dei limiti non è più satira, la satira deve sconfiggere i limiti.
È difficile non scrivere satire!
È tanto difficile fare della buona satira a spese di un uomo di chiara malvagità, quanto lo è lodar bene un uomo di chiare virtù.