Citare è attingere alla biblioteca di Babele; citare è riflettere su quanto è già stato detto, e se non lo facciamo, parliamo in un vuoto dove non v'è voce umana che possa risuonare.
Citare è un continuo conversare con il passato per dare un contesto al presente.
Conservare e trasmettere la memoria, imparare dall'esperienza degli altri, condividere la conoscenza del mondo e di noi stessi sono alcuni dei poteri (e pericoli) che i libri ci conferiscono, e le ragioni per cui li custodiamo con amore e li temiamo.
Il Web è quasi istantaneo; non occupa alcun tempo se non l'incubo di un costante presente. Tutta superficie e niente volume, tutto presente e niente passato.
Il Web è solo uno strumento. Non dobbiamo incolparlo del nostro atteggiamento superficiale nei confronti del mondo in cui viviamo. La sua virtù è la brevità e la molteplicità delle informazioni; non ci può anche fornire concentrazione e profondità.
Il Web, come la prima definizione di Dio elaborata nel XII secolo, si ritiene un cerchio il cui centro è in ogni luogo e la cui circonferenza non è in nessun luogo.
Il testo elettronico che non ha bisogno di pagine può tranquillamente accompagnarsi alla pagina che non ha bisogno di elettricità; l'uno non deve necessariamente escludere l'altra per servirci al meglio. L'immaginazione umana non è monogama né deve esserlo.
In una biblioteca, non c'è scaffale che rimanga vuoto a lungo. Come la natura, le biblioteche aborriscono il vacuum.
L'enciclopedia mondiale, la biblioteca universale, esiste, ed è il mondo stesso.
Le biblioteche continueranno a sopravvivere finché noi continueremo ad attribuire parole al mondo che ci circonda, e a conservarle per i futuri lettori.
Leggere a letto non è solo uno svago; è anche una forma speciale di privacy. È un’azione immobile, libera dalle convenzioni sociali, invisibile al mondo, un’azione che svolgendosi fra le lenzuola, nel regno della lussuria e dell’ozio peccaminoso, ha il fascino delle cose proibite.
Noi tutti leggiamo noi stessi e il mondo intorno a noi per intravedere cosa e dove siamo. Leggiamo per capire, o per iniziare a capire. Non possiamo fare a meno di leggere. Leggere, quasi come respirare, è la nostra funzione essenziale.
Ogni biblioteca traduce il caos della scoperta e della creazione in un sistema strutturato di gerarchie o in una frenesia di libere associazioni.
Ogni biblioteca è, per necessità, una creazione incompleta, un work-in-progress, e ogni scaffale vuoto preannuncia i libri che verranno.
Ogni lettore esiste per assicurare a un certo libro una piccola immortalità. La lettura è, in tal senso, un rito di rinascita.
Può essere che non esista libro, per quanto ben scritto, che possa rimuovere un grammo di dolore dalla tragedia in Iraq o in Ruanda, ma può anche darsi che non esista libro, per quanto mal scritto, che non permetta un'epifania al suo lettore predestinato.
Se la Biblioteca di Alessandria era l'emblema della nostra ambizione di onniscienza, il Web è l'emblema della nostra ambizione di onnipresenza; la biblioteca che conteneva tutto è diventata la biblioteca che contiene qualsiasi cosa.
Spesso, il piacere della lettura dipende in gran parte dal benessere fisico del lettore.
È impressionante pensare ai lunghi secoli precedenti l’invenzione degli occhiali, durante i quali i lettori avanzavano faticosamente fra le pagine di un libro come in una foresta avvolta da una fitta nebbia, e al loro straordinario sollievo quando, inforcate finalmente le lenti, videro d’un tratto le parole scritte diventare chiaramente leggibili.
È questo il paradosso di ogni biblioteca. Se infatti da un lato si prefigge, in misura maggiore o minore, di raccogliere e conservare una testimonianza del mondo, la più esaustiva possibile, questo compito risulterà alla fine ridondante, perché si potrebbe attuare soltanto quando i confini della biblioteca coincidessero con quelli del mondo intero.