A conoscere perfettamente i pregi di un'opera perfetta o vicina alla perfezione, e capace veramente dell'immortalità, non basta essere assuefatto a scrivere, ma bisogna saperlo fare quasi così perfettamente come lo scrittore medesimo che hassi a giudicare.
A un giovane sventatello che per iscusarsi di molti errori e cattive riuscite e vergogne e male figure fatte nella società e nel mondo, diceva e ripeteva sovente che la vita è una commedia, replicò un giorno, anche nella commedia è meglio essere applaudito che fischiato, e un commediante che non sappia fare il suo mestiere, all'ultimo si muor di fame.
A veder se sia più il bene o il male nell'universo, guardi ciascuno la propria vita; se più il bello o il brutto, guardi il genere umano, guardi una moltitudine di gente adunata. Ognun sa e dice che i belli son rari, e che raro è il bello.
A viver tranquilli nella società degli uomini, bisogna astenersi non solo dall'offendere chi non ci offende, cosa ordinaria; ma eziandio, cosa rarissima, dal procurare che altri ci offenda.
Abbi fiducia in coloro che si sforzano di essere amati; dubita di quelli che cercano solo di sembrare amabili.
Amabile non pare e non è se non quegli che lusinga o giova l'amor proprio altrui.
Amore, amor, di nostra vita ultimo inganno.
Anche il dolore che nasce dalla noia e dal sentimento della vanità delle cose è più tollerabile assai che la stessa noia.
Anche l'amore della meraviglia par che si debba ridurre all'amore dello straordinario e all'odio della noia ch'è prodotta dall'uniformità.
Anche nell'amore, ch'è lo stato dell'anima il più ricco di piaceri e d'illusioni, la miglior parte, la più dritta strada al piacere, e a un'ombra di felicità, è il dolore.
Arcano è tutto, fuor che il nostro dolor.
Bisogna proporre un fine alla propria vita per viver felice. O gloria letteraria, o fortune, o dignità, una carriera in somma. Io non ho potuto mai concepire che cosa possano godere, come possano viver quegli scioperati e spensierati che (anche maturi o vecchi) passano di godimento in godimento, di trastullo in trastullo, senza aversi mai posto uno scopo a cui mirare abitualmente, senza aver mai detto, fissato, tra se medesimi: a che mi servirà la mia vita?
Calpesto la vigliaccheria degli uomini, rifiuto ogni consolazione e ogn'inganno puerile, ed ho il coraggio di sostenere la privazione di ogni speranza, mirare intrepidamente il deserto della vita, non dissimularmi nessuna parte dell'infelicità umana, ed accettare tutte le conseguenze di una filosofia dolorosa, ma vera.
Certo, l'ultima causa dell’essere non è la felicità, perocchè niuna cosa è felice.
Chi comunica dopo cogli uomini, rade volte è misantropo. Veri misantropi non si trovano nella solitudine, ma nel mondo: perché l’uso pratico della vita, e non già la filosofia, è quello che fa odiare gli uomini. E se uno che sia tale, si ritira dalla società, perde nel ritiro la misantropia.
Chi governa in pubblico o in privato è sempre oggetto d'odio e di querele de' governati. Gli uomini sono sempre scontenti perchè sono sempre infelici. Perciò sono scontenti del loro stato, perciò medesimo di chi li governa.
Chi ha coraggio di ridere, è padrone del mondo, poco altrimenti di chi è preparato a morire.
Chi ha perduto la speranza d'esser felice, non può pensare alla felicità degli altri, perché l'uomo non può cercarla che per rispetto alla propria. Non può dunque neppure interessarsi dell'altrui infelicità.
Chi non ha uno scopo non prova quasi mai diletto in nessuna operazione.
Chi non sa che quasi tutti i piaceri vengono più dalla nostra immaginativa, che dalle proprie qualità delle cose piacevoli?
Chi patisce non è atto a compatire.
Chi più si ama meno può amare.
Chi pratica poco cogli uomini, difficilmente è misantropo. I veri misantropi non si trovano nella solitudine, si trovano nel mondo. Lodan quella, sì bene; ma vivono in questo. E se un che sia tale si ritira dal mondo, perde la misantropia nella solitudine.
Chi sa ridere è padrone del mondo.
Chi vuole o dee vivere in un paese, conviene che lo creda uno dei migliori della terra abitabile; e lo crede tale. Gli uomini universalmente, volendo vivere, conviene che credano la vita bella e pregevole; e tale la credono; e si adirano contro chi pensa altrimenti.
Circa il governare non v'ha pur troppo che due partiti veramente savi, o astenersi dal governo, sia pubblico sia privato, o amministrarlo totalmente a vantaggio proprio e non de' governati.
Come nella speranza o in qualunque altra disposizione dell'animo nostro, il bene lontano è sempre maggiore del presente, così per l'ordinario nel timore è più terribile il male.
Come suole il genere umano, biasimando le cose presenti, lodare le passate, così la più parte de' viaggiatori, mentre viaggiano, sono amanti del loro soggiorno nativo, e lo preferiscono con una specie d'ira a quelli dove si trovano. Tornati al luogo nativo, colla stessa ira lo pospongono a tutti gli altri luoghi dove sono stati.
Cosa rarissima nella società, un uomo veramente sopportabile.
Dal vero al sognato, non corre altra differenza, se non che questo può qualche volta essere molto più bello e più dolce, che quello non può mai.
Dall'abito della rassegnazione sempre nasce noncuranza, negligenza, indolenza, inattività, e quasi immobilità.
Desiderar la vita, in qualunque caso, e in tutta l'estensione di questo desiderio, non è insomma altro che desiderare l'infelicità; desiderar di vivere è quanto desiderare di essere infelice.
Diceva un marito geloso alla moglie: Non t'accorgi, Diavolo che sei, che tu sei bella come un Angelo?
Diciamo male che il tal desiderio è stato soddisfatto. Non si soddisfano i desideri, conseguito che abbiamo l'oggetto, ma si spengono, cioè si perdono ed abbandonano per la certezza acquistata di non poterli mai soddisfare.
Dicono che la felicità dell’uomo non può consistere fuorchè nella verità. Così parrebbe, perchè qual felicità in una cosa che sia falsa? E come, se il mondo è diretto alla felicità, il vero non deve render felice? Eppure io dico che la felicità consiste nell’ignoranza del vero.
Disperare di se stesso non potrà altro che nuocere.
Diventiamo ridicoli solo quando vogliamo apparire ciò che non siamo.
Dove manca la speranza non resta più luogo all'inquietudine.
Due cose belle ha il mondo: amore e morte.
Due verità che gli uomini generalmente non crederanno mai: l'una di non saper nulla, l'altra di non esser nulla. Aggiungi la terza, che ha molta dipendenza dalla seconda: di non aver nulla a sperare dopo la morte.
Entrate in un giardino di piante, d'erbe, di fiori. Sia pur quanto volete ridente. Sia nella più mite stagione dell'anno. Voi non potete volger lo sguardo in nessuna parte che voi non vi troviate del patimento. Tutta quella famiglia di vegetali è in istato di souffrance, qual individuo più, qual meno.
Error grande, non meno che frequentissimo nella vita, credere gli uomini più astuti e più cattivi, e le azioni e gli andamenti loro più doppi, di quel che sono. Quasi non minore né meno comune che il suo contrario.
Gl'italiani hanno piuttosto usanze e abitudini che costumi. Poche usanze e abitudini hanno che si possano dir nazionali, ma queste poche, e l’altre assai più numerose che si possono e debbono dir provinciali e municipali, sono seguite piuttosto per sola assuefazione che per ispirito alcuno o nazionale o provinciale.
Gl'italiani non hanno costumi; essi hanno delle usanze.
Gl'italiani ridono della vita: ne ridono assai più, e con più verità e persuasione intima di disprezzo e freddezza che non fa niun’altra nazione. Questo è ben naturale, perché la vita per loro val meno assai che per gli altri, e perché egli è certo che i caratteri più vivaci e caldi di natura, come è quello degl’Italiani, diventano i più freddi e apatici quando sono combattuti da circostanze superiori alle loro forze.
Gli anni della fanciullezza sono, nella memoria di ciascheduno, quasi i tempi favolosi della sua vita, come, nella memoria delle nazioni, i tempi favolosi sono quelli della fanciullezza delle medesime.
Gli scritti più vicini alla perfezione, hanno questa proprietà, che ordinariamente alla seconda lettura piacciono più che alla prima. Il contrario avviene in molti libri composti con arte e diligenza non più che mediocre, ma non privi però di un qual si sia pregio estrinseco ed apparente; i quali, riletti che sieno, cadono dall'opinione che l'uomo ne avea conceputo alla prima lettura.
Gli scrittori grandi, incapaci, per natura o per abito, di molti piaceri umani; privi di altri molti per volontà; non di rado negletti nel consorzio degli uomini, se non forse dai pochi che seguono i medesimi studi; hanno per destino di condurre una vita simile alla morte, e vivere, se pur l'ottengono, dopo sepolti.
Gli uomini sarebbero felici se non avessero cercato e non cercassero di esserlo.
Gli uomini si vergognano, non delle ingiurie che fanno, ma di quelle che ricevono. Però ad ottenere che gl'ingiuriatori si vergognino, non v'è altra via, che di rendere loro il cambio.
Gli uomini verso la vita sono come i mariti in Italia verso le mogli: bisognosi di crederle fedeli benché sappiano il contrario. Così chi dee vivere in un paese, ha bisogno di crederlo bello e buono; così gli uomini di credere la vita una bella cosa. Ridicoli agli occhi miei, come un marito becco, e tenero della sua moglie.
Gli usi e i costumi in Italia si riducono generalmente a questo, che ciascuno segua l’uso e il costume proprio, qual che egli si sia.
Grande studio degli uomini mentre sono immaturi, è di parere uomini fatti, e quando sono uomini fatti, di parere immaturi.
I beni si disprezzano quando si possiedono sicuramente, e si apprezzano quando sono perduti o si corre pericolo di perderli.
I diletti più veri che abbia la nostra vita, sono quelli che nascono dalle immaginazioni false.
I fanciulli trovano tutto nel nulla, gli uomini trovano il nulla nel tutto.
I libri per necessità sono come quelle persone che stando cogli altri, parlano sempre esse, e non ascoltano mai. Per tanto è di bisogno che il libro dica molto buone e belle cose, e dicale molto bene; acciocché dai lettori gli sia perdonato quel parlar sempre. Altrimenti è forza che così venga in odio qualunque libro, come ogni parlatore insaziabile.
I libri specialmente, che ora per lo più si scrivono in minor tempo che non ne bisogna a leggerli, vedete bene che, siccome costano quel che vagliono, così durano a proporzione di quel che costano.
I mali sono meno dannosi alla felicità che la noia.
I mariti, se vogliono viver tranquilli, è necessario che credano le mogli fedeli, ciascuno la sua; e così fanno; anche quando la metà del mondo sa che il vero e tutt'altro.
I mezzi più semplici e veri e sicuri sono gli ultimi che gli uomini trovano, così nelle arti e nei mestieri come nelle cose usuali della vita, e così in tutto. E così chi sente e vuol esprimere i moti del suo cuore ec. l'ultima cosa a cui arriva è la semplicità, e la naturalezza, e la prima cosa è l'artifizio e l'affettazione.
I momenti migliori dell’amore sono quelli di una quieta e dolce malinconia, dove tu piangi e non sai di che.
I timidi non hanno meno amor proprio che gli arroganti; anzi più, o vogliamo dire più sensitivo; e perciò temono: e si guardano di non pungere gli altri, non per istima che ne' facciano maggiore che gl'insolenti e gli arditi, ma per evitare d'esser punti essi, atteso l'estremo dolore che ricevono da ogni puntura.
Il Cristianesimo è più atto ad atterrire che a consolare.
Il desiderio che ha l'uomo di amare è infinito non peraltro se non perché l'uomo
si ama, di un amore senza limiti.
Il fare è il miglior modo d'imparare.
Il forse è la parola più bella del vocabolario italiano, perché apre delle possibilità, non certezze. Perché non cerca la fine, ma va verso l'infinito.
Il genere umano crede sempre, non il vero, ma quello che è, o pare che sia, più a proposito suo.
Il genere umano e, dal solo individuo in fuori, qualunque minima porzione di esso, si divide in due parti: gli uni usano prepotenza, gli altri la soffrono.
Il genere umano non odia mai tanto chi fa male, né il male stesso, quanto chi lo nomina.
Il genere umano, che ha creduto e crederà tante scempiataggini, non crederà mai né di non saper nulla, né di non essere nulla, né di non aver nulla a sperare.
Il gran torto degli educatori è il volere che ai giovani piaccia quello che piace alla vecchiezza o alla maturità; che la vita giovanile non differisca dalla matura, di voler sopprimere la differenza dei gusti e dei desiderii; di volere che gli ammaestramenti, i comandi e la forza della necessità, suppliscano all’esperienza.
Il maligno dice male dé buoni, lo stolto or dé buoni, or dé malvagi, il saggio di nessuno mai.
Il mezzo più efficace di ottener fama è quello di far credere al mondo di esser già famoso.
Il miglior uso ed effetto della ragione e della riflessione, è distruggere o minorare nell'uomo la ragione e la riflessione, e l'uso e gli effetti loro.
Il mondo è simile alle donne: con verecondia e con riserbo da lui non si ottiene nulla.
Il mondo è una lega di birbanti contro gli uomini da bene, e di vili contro i generosi.
Il passato, a ricordarsene, è più bello del presente, come il futuro a immaginarlo. Perché? Perché il solo presente ha la sua vera forma nella concezione umana; è la sola immagine del vero; e tutto il vero è brutto.
Il piacere che noi proviamo della satira, della commedia satirica, della raillerie, della maldicenza ec. o nel farla o nel sentirla, non viene da altro se non dal sentimento o dall'opinione della nostra superiorità sopra gli altri, che si desta in noi per le dette cose, cioè in somma dall'odio nostro innato verso gli altri.
Il piacere è sempre o passato o futuro, e non mai presente.
Il piacere è un subbietto speculativo, e non reale; un desiderio, non un fatto; un sentimento che l'uomo concepisce col pensiero, e non prova; o per dir meglio, un concetto, e non un sentimento.
Il più certo modo di celare agli altri i confini del proprio sapere, è di non trapassarli.
Il più solido piacere di questa vita, è il piacere vano delle illusioni.
Il principal fondamento della moralità di un individuo e di un popolo è la stima costante e profonda che esso fa di se stesso, la cura che ha di conservarsela.
Il sentimento della vendetta è così grato, che spesso si desidera d'essere ingiuriato per potersi vendicare, e non dico già solamente da un nemico abituale, ma da un indifferente, o anche, massime in certi momenti d'umor nero, da un amico.
Il silenzio è il linguaggio di tutte le forti passioni, dell'amore (anche nei momenti dolci) dell'ira, della meraviglia, del timore.
Il tale diceva che noi, venendo in questa vita, siamo come chi si corica in un letto duro e incomodo, che sentendovisi stare male, non vi può star quieto, e però si rivolge cento volte da ogni parte, e procura in vari modi di appianare, ammollire, ecc. il letto, cercando pur sempre e sperando di avervi a riposare e prendere sonno, finché senz’aver dormito né riposato vien l’ora di alzarsi.
Il vino è il più certo, e il più efficace consolatore.
In un trattenimento, chi si vuol divertire, propongasi di passare il tempo. Chi vi cerca e vi aspetta il divertimento, non vi trova che noia, e passa quel tempo assai male.
Intendo per innocente non uno incapace di peccare, ma di peccare senza rimorso.
Io non ho bisogno di stima, né di gloria, né di altre cose simili, ma ho bisogno d’amore.
Io reputo che la fama degli scrittori ottimi soglia essere effetto del caso più che dei meriti loro.
L'abuso e la disubbidienza alla legge, non può essere impedita da nessuna legge.
L'animo umano è sempre ingannato nelle sue speranze, e sempre ingannabile: sempre deluso dalla speranza medesima, e sempre capace di esserlo: aperto non solo, ma posseduto dalla speranza nell'atto stesso dell'ultima disperazione.
L'arte non può mai uguagliare la ricchezza della natura.
L'astuzia, la quale appartiene all’ingegno, è usata moltissime volte per supplire la scarsità di esso ingegno, e per vincere maggior copia del medesimo in altri.
L'effetto naturale e generico della musica in noi, non deriva dall'armonia ma dal suono, il quale ci elettrizza e scuote al primo tocco quando anche sia monotono. Questo è quello che la musica ha di speciale sopra le altre arti.
L'egoismo comune necessita e cagiona l'egoismo di ciascuno.
L'egoismo è sempre stata la peste della società e quando è stato maggiore, tanto peggiore è stata la condizione della società.
L'esistenza può essere maggiore senza che lo sia la vita.
L'esistenza, per sua natura ed essenza propria e generale, è un'imperfezione, un'irregolarità, una mostruosità. Ma questa imperfezione è una piccolissima cosa, un vero neo, perché tutti i mondi che esistono, per quanti e quanto grandi che essi sieno, non essendo però certamente infiniti né di numero né di grandezza, sono per conseguenza infinitamente piccoli a paragone di ciò che l'universo potrebbe essere se fosse infinito; e il tutto esistente è infinitamente piccolo a paragone della infinità vera, per dir così, del non esistente, del nulla.
L'immaginazione in gran parte non si diversifica dalla ragione, che pel solo stile, o modo, dicendo le stesse cose.
L'immaginazione è la prima fonte della felicità umana.
L'impressione di piacere può rimanere tale fino a quando non si è certi di piacere soprattutto a sé stessi.
L'insegnare non è quasi altro che assuefazione.
L'irresoluzione è peggio della disperazione.
L'origine del sentimento profondo dell'infelicità, ossia lo sviluppo di quella che si chiama sensibilità, ordinariamente procede dalla mancanza o perdita delle grandi e vive illusioni.
L'ubbriachezza è madre dell'allegrezza.
L'unico modo per non far conoscere agli altri i propri limiti, è di non oltrepassarli mai.
L'uomo che ha perduto... la stima di se stesso, non è più buono a niente di grande né di magnanimo.
L'uomo nasce ricco di tutto, crescendo s'impoverisce, e giunto alla vecchiezza si trova quasi senza nulla. Ma siccome nessuna cosa si possiede realmente, così nulla si può perdere.
L'uomo non desidera e non ama se non la felicità propria. Però non ama la vita, se non in quanto la reputa instrumento o subbietto di essa felicità. In modo che propriamente viene ad amare questa e non quella, ancorché spessissimo attribuisca all’una l’amore che porta all’altra.
L'uomo non vive d'altro che di religione o d'illusioni.
L'uomo odia la noia per la stessa ragione per cui odia la morte, cioè la non esistenza.
L'uomo sarebbe onnipotente se potesse esser disperato tutta la sua vita, o almeno per lungo tempo, cioè se la disperazione fosse uno stato che potesse durare.
L'uomo si disannoia per lo stesso sentimento vivo della noia universale e necessaria.
L'uomo è condannato o a consumare la gioventù senza proposito, la quale è il solo tempo di far frutto per l’età che viene, e di provvedere al proprio stato, o a spenderla in procacciare godimenti a quella parte della sua vita, nella quale egli non sarà più atto a godere.
L'uomo è così inclinato alla lode, che anche in quelle cose dov'egli non ha mai né cercato né curato di esser lodevole, e ch'egli stima di nessun pregio, ancora in queste l'esser lodato lo compiace. Anzi spesso lo indurrà a cercar di rialzare presso se stesso il pregio e l'opinione di quella tal cosa minima nella quale è stato lodato; e a persuadersi che essa, o l'essere lodevole in essa, non sia del tutto minimo nell'opinione altrui.
L'uomo è infelice perchè incontentabile.
L'uomo è più facile e proclive a temere che a sperare.
L'uomo è quasi sempre tanto malvagio quanto gli bisogna. Se si conduce dirittamente, si può giudicare che la malvagità non gli è necessaria. Ho visto persone di costumi dolcissimi, innocentissimi, commettere azioni delle più atroci, per fuggire qualche danno grave, non evitabile in altra guisa.
L'uomo è tanto più infelice generalmente, quanto è più forte e viva in lui quella parte che si chiama animo.
La compassione è quasi un'abnegazione che l'uomo fa di se stesso, quasi un sacrifizio che l'uomo fa del suo proprio egoismo.
La condizione dell'uomo non è capace di alcun godimento notabile, che non consista sopra tutto nella speranza, la cui forza è tale, che moltissime occupazioni prive per sé di ogni piacere, ed eziandio stucchevoli o faticose, aggiuntavi la speranza di qualche frutto, riescono gratissime e giocondissime.
La conoscenza degli effetti e la ignoranza delle cause produsse l'astrologia.
La convenienza al suo fine è quello in cui consiste la bellezza di tutte le cose, e fuor della quale nessuna cosa è bella.
La corruttela de' costumi è mortale alle repubbliche, e utile alle tirannie, e monarchie assolute. Questo solo basta a giudicare della natura e differenza di queste due sorte di governi.
La cosa più durevolmente e veramente piacevole è la varietà delle cose, non per altro se non perché nessuna cosa è durevolmente e veramente piacevole.
La cosa più inaspettata che accada a chi entra nella vita sociale, e spessissimo a chi v'è invecchiato, è di trovare il mondo quale gli è stato descritto, e quale egli lo conosce già e lo crede in teoria. L'uomo resta attonito di vedere verificata nel caso proprio la regola generale.
La credulità fu sempre una qualità inseparabile dal volgo.
La disperazione è molto ma molto più piacevole della noia. La natura ha provveduto, ha medicato tutti i nostri mali possibili, anche i più crudeli ed estremi, anche la morte, a tutti ha misto del bene, anzi ne l'ha fatto risultare, l'ha congiunto all'essenza loro; a tutti i mali, dico, fuorché alla noia. Perché questa è la passione la più contraria e lontana alla natura, quella a cui non aveva non solo destinato l'uomo, ma neppur sospettato né preveduto che vi potesse cadere, e destinatolo e incamminatolo dirittamente a tutt'altro possibile che a questa.
La felicità consiste nell'ignoranza del vero.
La felicità in assoluto non esiste, essa è solo una momentanea sospensione dell'affanno.
La felicità o infelicità non si misura dall'esterno, ma dall'interno.
La felicità è impossibile a chi la desidera.
La fortuna può dire a molti, io non ho maggior potere di beneficarti, ma nessuno può mai vantarsi, e dire alla fortuna, tu non hai forza di nuocermi davantaggio e di aumentare i miei dolori.
La gloria allora è dolce quando l’uomo se ne pasce nel silenzio del suo gabinetto e se ne serve di sprono a nuove imprese gloriose e di fondamento a nuove speranze; perché allora ella conserva la forza dell’illusione, sola forza ch’ella abbia. Ma goduta nel mondo e nella società, ordinariamente si trova esser cosa o nulla o piccolissima o insomma incapace di riempir l’animo e soddisfarlo.
La gloria degli scrittori, non solo, come tutti i beni degli uomini, riesce più grata da lungi che da vicino, ma non è mai, si può dire, presente a chi la possiede, e non si ritrova in nessun luogo.
La guerra più terribile è quella che deriva dall'egoismo, e dall'odio naturale verso altrui, rivolto non più verso lo straniero, ma verso il concittadino, il compagno.
La ingiuria eccita in tutti gli animi il desiderio di vederla punita, ma negli alti il desiderio di punirla.
La letteratura francese si può chiamare originale per la sua somma e singolare inoriginalità.
La lettura per l'arte dello scrivere è come l'esperienza per l'arte di viver nel mondo, e di conoscer gli uomini e le cose.
La maggior parte degli uomini in ultima analisi non ama e non brama di vivere se non per vivere. L'oggetto reale della vita è la vita e lo strascinare con gran fatica su e giù per una medesima strada un carro pesantissimo e vuoto.
La maggior parte delle persone che deputiamo a educare i figliuoli, sappiamo di certo non essere state educate. Né dubitiamo che non possano dare quello che non hanno ricevuto, e che per altra via non si acquista.
La magnanimità, il coraggio, le passioni, la potenza di fare, la potenza di godere, tutto ciò che fa nobile e viva la vita, dipende dal vigore del corpo, e senza quello non ha luogo. Uno che sia debole di corpo, non è uomo, ma bambino; anzi peggio; perché la sua sorte è di stare a vedere gli altri che vivono, ed esso al più chiacchierare, ma la vita non è per lui.
La modestia, e lo stimarsi da non molto, e il credere intimamente e sinceramente di non aver conseguito tutto quel merito che si potrebbe e dovrebbe conseguire, questi dico sono segni e distintivi dell'uomo grande, o certo sono qualità inseparabili da lui.
La moltitudine dei lettori, non solo nei secoli di giudizio falso e corrotto, ma in quelli ancora di sane e ben temperate lettere, è molto più dilettata dalle bellezze grosse e patenti, che dalle delicate e riposte; più dall'ardire che dalla verecondia; spesso eziandio dall'apparente più che dal sostanziale; e per l'ordinario più dal mediocre che dall'ottimo.
La morte non è male: perché libera l'uomo da tutti i mali, e insieme coi beni gli toglie i desideri. La vecchiezza è male sommo: perché priva l'uomo di tutti i piaceri, lasciandogliene gli appetiti; e porta seco tutti i dolori. Nondimeno gli uomini temono la morte, e desiderano la vecchiezza.
La natura ci destinò per medicina di tutti i mali la morte.
La natura non ci ha solamente dato il desiderio della felicità, ma il bisogno; vero bisogno, come quel di cibarsi. Perché chi non possiede la felicità, è infelice, come chi non ha di che cibarsi, patisce di fame. Or questo bisogno ella ci ha dato senza la possibilità di soddisfarlo, senza nemmeno aver posto la felicità nel mondo. Gli animali non han più di noi, se non il patir meno; così i selvaggi: ma la felicità nessuno.
La natura è gagliarda magnanima focosa, inquieta come un ragazzaccio.
La noia corre sempre e immediatamente a riempiere tutti i vuoti che lasciano negli animi de' viventi il piacere e il dispiacere; il vuoto, cioè lo stato d'indifferenza e senza passione, non si dà in esso animo, come non si dava in natura secondo gli antichi.
La noia non è altro che il desiderio puro della felicità non soddisfatto dal piacere, e non offeso apertamente dal dispiacere.
La noia non è se non di quelli in cui lo spirito è qualche cosa.
La noia è il più nobile dei sentimenti umani, in quanto ci mostra l'insufficienza delle cose esistenti di fronte alla grandezza del desiderio nostro.
La noia è la più sterile delle passioni umane. Com'ella è figlia della nullità, così è madre del nulla: giacché non solo è sterile per sé, ma rende tale tutto ciò a cui si mesce o avvicina.
La pazienza è la più eroica delle virtù giusto perché non ha nessuna apparenza d'eroico.
La più sublime, la più nobile tra le Fisiche scienze ella è senza dubbio l'Astronomia. L'uomo s'innalza per mezzo di essa come al di sopra di sé medesimo, e giunge a capire la causa dei fenomeni più straordinari.
La poesia malinconica e sentimentale è un respiro dell'anima.
La prosa per esser veramente bella (conforme era quella degli antichi) e conservare quella morbidezza e pastosità composta anche fra le altre cose di nobiltà e dignità, che comparisce in tutte le prose antiche e in quasi nessuna moderna, bisogna che abbia sempre qualche cosa del poetico.
La ragione è pigra come una tartaruga, e codarda come una lepre.
La ragione è un lume; la Natura vuol essere illuminata dalla ragione, non incendiata.
La schiettezza allora può giovare, quando è usata ad arte, o quando, per la sua rarità, non l'è data fede.
La sensibilità, benché assolutamente considerata sia disposta indifferentemente a sentire ogni sorta di sensazioni, in sostanza però non viene a esser altro che una maggior capacità di dolore. Quindi è che necessariamente l'uomo sensibile, sentendo più vivamente degli altri, e quel che l'uomo può vivamente sentire in sua vita non essendo altro che dolore, dev'esser più infelice degli altri.
La solitudine non è fatta per quelli che si bruciano e si consumano da loro stessi.
La solitudine è come una lente d’ingrandimento se sei solo e stai bene stai benissimo, se sei solo e stai male stai malissimo.
La somma felicità possibile dell’uomo in questo mondo è quando egli vive quietamente nel suo stato con una speranza riposta e certa di un avvenire migliore, che per essere certa, e lo stato in cui vive è buono, non lo inquieti e non lo turbi con l’impazienza di godere di questo immaginato bellissimo futuro.
La speranza, cioè una scintilla, una goccia di lei, non abbandona l'uomo, neppur dopo accadutagli la disgrazia la più diametralmente contraria ad essa speranza, e la più decisiva.
La stima non è prezzo di ossequi: oltre che essa, non diversa in ciò dall’amicizia, è come un fiore, che pesto una volta gravemente, o appassito, mai più non ritorna.
La stima è come un fiore, che pestato una volta gravemente o appassito, mai più non ritorna.
La storia dell'uomo non presenta altro che un passaggio continuo da un grado di civiltà ad un altro, poi all'eccesso di civiltà, e finalmente alla barbarie, e poi da capo.
La tartaruga lunghissima nelle sue operazioni ha lunghissima vita. Così tutto è proporzionato nella natura; e la pigrizia della tartaruga, di cui si potrebbe accusar la natura, non è veramente pigrizia assoluta, cioè considerata nella tartaruga, ma rispettiva.
La varietà è tanto nemica della noia che anche la stessa varietà della noia è un rimedio o un alleviamento della stessa, come vediamo tutto giorno nelle persone di mondo.
La vecchiezza è male sommo: perché priva l’uomo di tutti i piaceri, lasciandone gli appetiti, e porta seco tutti i dolori.
La via forse più diritta di acquistar fama è di affermare con sicurezza e pertinacia e in quanti più modi possibile, di averla acquistata.
La vita debb’essere viva, cioè vera vita; o la morte la supera incomparabilmente di pregio.
La vita di quest'universo è un perpetuo circuito di produzione e distruzione, collegate ambedue tra sé di maniera, che ciascheduna serve continuamente all'altra, ed alla conservazione del mondo; il quale sempre che cessasse o l'una o l'altra di loro, verrebbe parimente in dissoluzione. Per tanto risulterebbe in suo danno se fosse in lui cosa alcuna libera da patimento.
La vita e l'assoluta mancanza d'illusione, e quindi di speranza, sono cose contraddittorie.
La vita umana, per modo di dire, e composta e intessuta, parte di dolore, parte di noia; dall'una delle quali passioni non ha riposo se non cadendo nell'altra.
La vita è cosa di tanto piccolo rilievo, che l'uomo, in quanto a sé, non dovrebbe esser molto sollecito né di ritenerla né di lasciarla.
Le lingue sono sempre il termometro de' costumi, delle opinioni ec. delle nazioni e de' tempi, e seguono per natura l'andamento di questi.
Le lodi date a noi, hanno forza di rendere stimabili al nostro giudizio materie e facoltà da noi prima vilipese, ogni volta che ci avvenga di essere lodati in alcuna di così fatte.
Le persone non sono ridicole se non quando vogliono parere o essere ciò che non sono.
Lo sventurato non bello, e maggiormente se vecchio, potrà esser compatito, ma difficilmente pianto. Così nelle tragedie, ne' poemi, ne' romanzi ec. come nella vita.
Molti sono che dalla lettura de' romanzi, libri sentimentali, ec. o acquistano una falsa sensibilità non avendone, o corrompono quella vera che avevano.
Molti vogliono e condursi teco vilmente, e che tu ad un tempo, sotto pena del loro odio, da un lato sii tanto accorto, che tu non dia impedimento alla loro viltà, dall’altro non li conoschi per vili.
Nei guai non ci vuol pianto ma consiglio.
Nell'universale miseria della condizione umana, e nell’infinita vanità di ogni suo diletto e vantaggio, la gloria è giudicata dalla miglior parte degli uomini il maggior bene che sia concesso ai mortali, e il più degno oggetto che questi possano proporre alle cure e alle azioni loro.
Nelle estreme sventure tutte le altre età ammettono la consolazione o filosofica, o qualunque. Solamente la giovinezza non ammette e non vede altra consolazione che della morte.
Nessun bene si può avere al mondo, che non sia accompagnato da mali della stessa misura.
Nessun maggior segno d'essere poco filosofo e poco savio, che volere savia e filosofica tutta la vita.
Nessuna compagnia è piacevole al lungo andare, se non di persone dalle quali importi o piaccia a noi d’essere sempre più stimati. Perciò le donne, volendo che la loro compagnia non cessi di piacere dopo breve tempo, dovrebbero studiare di rendersi tali, che potesse essere desiderata durevolmente la loro stima.
Nessuna cosa maggiormente dimostra la grandezza e la potenza dell’umano intelletto, nè l’altezza e nobiltà dell’uomo, che il poter l’uomo conoscere e fortemente sentire la sua piccolezza.
Nessuna cosa è vergognosa per l'uomo di spirito né capace di farlo vergognare, e provare il dispiacevole sentimento di questa passione, se non solamente il vergognarsi e l'arrossire.
Nessuna dolce e nobile ed alta e forte illusione può stare senza la grande illusione dell'amor proprio, l'illusione della stima di se stesso e della speranza. Togliete via questa, tutte le altre verranno meno immantinente, e potrete conoscere allora che questa era il fondamento e la nutrice, per non dir la radice e la madre di tutte l'altre.
Nessuna opinione, vera o falsa, ma contraria all’opinione dominante e generale, si è mai stabilita nel mondo istantaneamente e in forza d’una dimostrazione lucida e palpabile, ma a forza di ripetizioni e quindi di assuefazione.
Nessuna professione è sì sterile come quella delle lettere.
Nessuna qualità umana è più intollerabile che l’intolleranza.
Nessuno può vantarsi o sdegnarsi con verità dicendo: io non posso essere più infelice di quel che sono.
Nessuno stato è felice. Non meno i sudditi che i principi, non meno i poveri che i ricchi, non meno i deboli che i potenti, se fossero felici, sarebbero contentissimi della loro sorte, e non avrebbero invidia all’altrui: perocché gli uomini non sono più incontentabili, che sia qualunque altro genere: ma non si possono appagare se non della felicità. Ora, essendo sempre infelici, che maraviglia è che non sieno mai contenti?
Nessuno è sì compiutamente disingannato del mondo, né lo conosce sì addentro, né tanto l’ha in ira, che guardato un tratto da esso con benignità, non se gli senta in parte riconciliato; come nessuno è conosciuto da noi sì malvagio, che salutandoci cortesemente. non ci apparisca meno malvagio che innanzi. Le quali osservazioni vagliono a dimostrare la debolezza dell’uomo, non a giustificare né i malvagi né il mondo.
Niuna cosa nella società è giudicata, né infatti riesce più vergognosa del vergognarsi.
Niuno stato è così misero, il quale non possa peggiorare; e nessun mortale, per infelicissimo che sia, può consolarsi né vantarsi, dicendo essere in tanta infelicità, che ella non comporti accrescimento.
Noi veniamo rapiti dalla bellezza di un fiore o dal silenzio di un bosco, e non ci
rendiamo conto che dietro quel fiore e quel bosco c'è sempre una lotta per la vita.
Non basta che lo scrittore sia padrone del proprio stile. Bisogna che lo stile sia padrone delle cose.
Non c'è disperato così povero e impotente, che non sia buono a qualche cosa nel mondo da che è disperato.
Non c'è maggior piacere (né maggior felicità) nella vita, che il non sentirla.
Non gli uomini solamente, ma il genere umano fu e sarà sempre infelice di necessità. Non il genere umano solamente ma tutti gli animali. Non gli animali soltanto ma tutti gli altri esseri al loro modo. Non gl'individui, ma le specie, i generi, i regni, i globi, i sistemi, i mondi.
Non possiamo né contare tutti gli sventurati, né piangerne uno solo degnamente.
Non si impara mai pienamente una scienza difficile, per esempio la matematica, dai soli libri.
Non si vive al mondo che di prepotenza. Se tu non vuoi o sai adoperarla, gli altri l'adopreranno su di te. Siate dunque prepotenti. Così dico dell'impostura.
Non siamo dunque nati fuorché per sentire, qual felicità sarebbe stata se non fossimo nati?
Non solo noi diveniamo insensibili alla lode, e non mai al biasimo, come dico altrove, ma in qualunque tempo, le lodi di mille persone stimabilissime, non ci consolano, non fanno contrappeso al dolore che ci dà il biasimo, un motteggio, un disprezzo di persona disprezzatissima, di un facchino.
Non temere né la prigione, né la povertà, né la morte. Temi la paura.
Non ti accorgi, Diavolo, che tu sei bella come un Angelo?
Non v'è infelicità umana la quale non possa crescere. Bensì trovasi un termine a quello medesimo che si chiama felicità.
Non è cosa tanto nemica della compassione quanto il vedere uno sventurato che non è stato in niente migliorato, né ha punto appreso dalle lezioni della sventura, maestra somma della vita.
Non è egli un paradosso che la religione cristiana in gran parte sia stata la fonte dell’ateismo, o, generalmente parlando, dell’incredulità religiosa? Eppure io così la penso.
Non è veramente furbo chi non teme, o presume e confida con certezza, di non poter essere ingannato, trappolato ec.: perché non conosce dunque e non apprezza a dovere le forze della sua stessa furberia.
Nulla è più raro al mondo, che una persona abitualmente sopportabile.
Oggi chi conoscendo ed avendo sperimentato il mondo, non è divenuto egoista, se ha niente niente di senso e d'ingegno, non può esser divenuto che misantropo.
Oggi non può scegliere il cammino della virtù se non il pazzo, o il timido e vile, o il debole e misero.
Oggi più che mai bisogna che gli uomini si contentino della stima de' contemporanei, o per dir meglio, de' conoscenti; e i libri, della vita di pochi anni al più.
Pare un assurdo, eppure è esattamente vero, che, tutto il reale essendo un nulla, non v'è altro di reale né altro di sostanza al mondo che le illusioni.
Parecchi filosofi hanno acquistato l'abito di guardare come dall'alto il mondo, e le cose altrui, ma pochissimi quello di guardare effettivamente e perpetuamente dall'alto le cose proprie.
Perché, dio del male, hai tu posto nella vita qualche apparenza di piacere? l'amore? Per travagliarci col desiderio, col confronto degli altri e del tempo nostro passato ec.?
Pochi possono essere grandi, se non sono dominati dalle illusioni.
Può mai stare che il non esistere sia assolutamente meglio ad un essere che l'esistere? Ora così accadrebbe appunto all'uomo senza una vita futura.
Quando ci si preoccupa della propria età è un segno che non si hanno vere preoccupazioni.
Quando l'uomo non ha sentimento di alcun bene o male particolare, sente in generale l'infelicità nativa dell'uomo, e questo è quel sentimento che si chiama noia.
Quanto più del tempo si tiene a conto, tanto più si dispera d'averne che basti; quanto più se ne gitta, tanto par che n'avanzi.
Quasi tutte le principali scoperte che servono alla vita civile sono state opere del caso.
Quegli stessi che credono grave, o maggiore che non è, ogni leggera malattia che loro sopravviene, caduti in qualche malattia grave o mortale, la credono leggera, o minore che non è. E la cagione d'ambedue le cose è la codardia che gli sforza a temere dove non è timore, e a sperare dove non è speranza.
Quella vita ch'è una cosa bella, non è la vita che si conosce, ma quella che non si conosce; non la vita passata, ma la futura. Coll'anno nuovo, il caso incomincerà a trattar bene voi e me e tutti gli altri, e si principierà la vita felice. Non è vero?
Quelli che sono desiderosi di gloria, ottenutala pure in vita, si pascono principalmente di quella che sperano possedere dopo la morte, nel modo stesso che niuno è così felice oggi, che disprezzando la vana felicità presente, non si conforti col pensiero di quella parimente vana, che egli si promette nell'avvenire.
Se e solo se la ragione diventa passione, è possibile una conoscenza profonda e radicale degli altri e di noi stessi.
Se la felicità non esiste, cos'è dunque la vita?
Se la miglior compagnia è quella dalla quale noi partiamo più soddisfatti di noi medesimi, segue ch'ella è appresso a poco quella che noi lasciamo più annoiata.
Se la vita non è felice, che fino a ora non è stata, meglio ci torna averla breve che lunga.
Se noi dobbiamo risvegliarci una volta, e riprendere lo spirito di nazione, il primo nostro moto dev'essere, non la superbia nè la stima delle nostre cose presenti, ma la vergogna. E questa ci deve spronare a cangiare strada del tutto, e rinnovellare ogni cosa. Senza ciò non faremo mai nulla. Commemorare le nostre glorie passate, è stimolo alla virtù, ma mentire e fingere le presenti è conforto all'ignavia, e argomento di rimanersi contenti in questa vilissima condizione.
Se quei pochi uomini di valor vero che cercano gloria, conoscessero a uno a uno tutti coloro di cui è composto quel pubblico dal quale essi con mille estremi patimenti si sforzano d’essere stimati, è credibili che si raffredderebbero molto nel loro proposito e forse che l’abbandonerebbero.
Senza le illusioni non ci sarà quasi mai grandezza di pensieri, nè forza, impeto e ardore d’animo, nè grandi azioni che per lo più son pazzie.
Si ammiri quanto si vuole la provvidenza e la benignità della natura per aver creati gli antidoti, per averli, diciam così, posti allato ai veleni, per aver collocati i rimedi nel paese che produce la malattia. Ma perchè creare i veleni? perchè ordinare le malattie? E se i veleni e i morbi sono necessari o utili all'economia dell'universo, perchè creare gli antidoti? perchè apparecchiare e porre alla mano i rimedi?
Si considera come sola cosa necessaria la vita, la quale anzi è la cosa meno necessaria di tutte le altre. Perché tutte le necessità o desiderabilità hanno la loro ragione nella vita, la quale, massime priva delle cose o necessarie o desiderabili, non ha la ragione della sua necessità o desiderabilità in nessuna cosa.
Si dice male che la noia è un mal comune. La noia non è sentita che da quelli in cui lo spirito è qualche cosa. Agli altri ogni insipida occupazione basta a tenerli contenti; e quando non hanno occupazione alcuna, non sentono la pena della noia.
Si riprende l'uomo che non sia mai contento del suo stato. Ma in vero questo non è che la sua natura sia incontentabile, ma incapace di esser felice. Se fossero veramente felici, il povero, il ricco, il Re, il suddito si contenterebbero egualmente del loro stato, e l'uomo sarebbe contento come possa essere qualunque altra creatura, perch'egli è altrettanto contentabile.
Sogliono essere odiatissimi i buoni e i generosi perché ordinariamente sono sinceri, e chiamano le cose coi loro nomi. Colpa non perdonata dal genere umano, il quale non odia mai tanto chi fa male, né il male stesso, quanto chi lo nomina.
Soltanto gli esseri intelligenti provano noia.
Sono convinto che anche nell'ultimo istante della nostra vita abbiamo la possibilità di cambiare il nostro destino.
Sono gli uccelli naturalmente le più liete creature del mondo. Non dico ciò in quanto se tu li vedi o gli odi, sempre ti rallegrano; ma intendo di essi medesimi in sé, volendo dire che sentono giocondità e letizia più che alcuno altro animale.
Sopra ogni dolore d'ogni sventura si può riposare, fuorché sopra il pentimento. Nel pentimento non c'è riposo né pace, e perciò è la maggiore e la più acerba di tutte le disgrazie.
Spesse volte le più stupende opere filosofiche sono anche imputate di oscurità, non per colpa degli scrittori, ma per la profondità o la novità dei sentimenti da un lato, e dall'altro l'oscurità dell'intelletto di chi non li potrebbe comprendere in nessun modo.
Tanto l'uomo è gradito e fa fortuna nella conversazione e nella vita, quanto ei sa ridere.
Tanto è necessaria l'arte nel vivere con gli uomini che anche la sincerità e la schiettezza conviene usarla seco loro con artificio.
Tornami in mente il dì che la battaglia d’amor sentii la prima volta e dissi: Oimè, se questo è amor, com’ei travaglia!
Tutte le cose vengono a noia colla durata, anche i diletti più grandi: lo dice Omero, lo vediamo tuttogiorno.
Tutti gli uomini per necessità nascono e vivono infelici.
Tutti hanno provato il piacere o lo proveranno, ma niuno lo prova. Tutti hanno goduto o godranno, ma niuno gode.
Tutto ciò che è finito, tutto ciò che è ultimo, desta sempre naturalmente nell'uomo un sentimento di dolore, e di malinconia.
Tutto si è perfezionato da Omero in poi, ma non la poesia.
Tutto è amor proprio nell’uomo e in qualunque vivente. Amabile non pare e non è se non quegli che lusinga o giova l’amor proprio altrui.
Tutto è follia in questo mondo fuorché il folleggiare. Tutto è degno di riso fuorché il ridersi di tutto. Tutto è vanità fuorché le belle illusioni e le dilettevoli frivolezze.
Tutto è nulla, solido nulla.
Tutto è o può esser contento di se stesso, eccetto l'uomo.
Un abito silenzioso nella conversazione, allora piace ed è lodato, quando si conosce che la persona che tace ha quanto si richiede e ardimento e attitudine a parlare.
Un buon libro è un compagno che ci fa passare dei momenti felici.
Un certo torpore dell'animo e del corpo che è cagionato talvolta dall'avvicinamento del sonno, è piacevolissimo. Il sonno stesso non è piacevole se non in quanto è torpore, dimenticanza, riposo dai desideri, dai timori, dalle speranze, e dalle passioni d'ogni sorta.
Un desiderio quand'è tale? Solo quando è appunto un desiderio. Dopo che lo raggiungi pervade e governa solo il vuoto.
Un uomo tanto meno e tanto più difficilmente sarà grande, quanto più sarà dominato dalla ragione.
Una cosa stimabile non può essere apprezzata degnamente se non da quelli che ne conoscono il valore.
Una poesia ragionevole è lo stesso che dire una bestia ragionevole.
Uomini originali men rari che non si crede.
Vivi felice, se felice in terra visse nato mortal.
È certo che lo stato naturale è il riposo e la quiete, e che l'uomo anche più ardente, più bisognoso di energia, tende alla calma e all'inazione continuamente in quasi tutte le sue operazioni.
È curioso a vedere che quasi tutti gli uomini che vagliono molto, hanno le maniere semplici; e che quasi sempre le maniere semplici sono prese per indizio di poco valore.
È vero, come predica Cicerone, che la virtù è il fondamento dell’amicizia, nè può essere amicizia senza virtù, perchè la virtù non è altro che il contrario dell’egoismo, principale ostacolo all’amicizia.