L'abitudine, il conformismo, la convenienza fanno sì che la maggior parte di noi tenda a conformarsi ai costumi vigenti e che a forza di seguire le regole, queste finiscano per apparire immutabili, imprescindibili, come se, invece di essere una creazione umana, fossero dettate dalla natura.
L'autorizzazione all’insulto, all’oscenità nei confronti delle caste superiori assume un carattere di compensazione sociale, seppur fittizio, che, per certi versi, pone i subalterni in una posizione di forza e ricattatoria nei confronti dei superiori.
L'origine comune, se esiste, non basta: deve tradursi in ideologia dell’origine.
La cultura non è il comportamento umano, ma la chiave che usiamo per leggerlo e interpretarlo.
La cultura è per la società, ciò che la memoria è per gli individui.
La cultura, presa nel suo significato etnografico più ampio, è quell’insieme che include conoscenze, credenze, arte, morale, legge, costume e ogni altra capacità e usanza acquisita dall’uomo come appartenente a una società.
La nostra mente si nutre di relazioni: siamo perché ci relazioniamo con l’altro e con il mondo che ci circonda.
La sottomissione, in un’etica così fortemente gerarchizzata, implica anche dei diritti di chi è sottomesso e dei doveri da parte di chi sottomette.
Non tutto del nostro passato diventa tradizione, ma solo ciò che può servire oggi.
Sebbene l'insulto sia la cifra caratterizzante delle relazioni tra compagni, non è estendibile al di fuori di contesti previsti dall’etica locale.