"La legge è uguale per tutti" è una bella frase che rincuora il povero, quando la vede scritta sopra le teste dei giudici, sulla parete di fondo delle aule giudiziarie; ma quando si accorge che, per invocar la uguaglianza della legge a sua difesa, è indispensabile l'aiuto di quella ricchezza che egli non ha, allora quella frase gli sembra una beffa alla sua miseria.
Al giudice occorre più coraggio ad essere giusto apparendo ingiusto, che ad essere ingiusto apparendo giusto.
All'avvocato, quando tratta col giudice, non disdice l’umiltà: che non è né viltà né piaggeria di fronte all’uomo, ma reverenza civica all’altezza della funzione.
Avvocato sommo è colui che riesce a parlare in udienza colla stessa semplicità e la stessa schiettezza con cui parlerebbe al giudice incontrato per via: colui che, quando veste la toga, riesce a dare al giudice l’impressione che può fidarsene come se fosse fuori di udienza.
Bisognerebbe che ogni avvocato, per due mesi all'anno, facesse il giudice; e che ogni giudice, per due mesi all'anno, facesse l'avvocato. Imparerebbero così a comprendersi e a compatirsi e reciprocamente si stimerebbero di più.
Certi clienti vanno dall’avvocato a confidargli i loro mali, nell’illusione che, col contagiarne lui, essi ne rimarranno subito guariti: e ne escono sorridenti e leggeri, convinti di aver riconquistato il diritto di dormire tranquilli dal momento che hanno trovato che si è assunto l’obbligo professionale di passare le sue notti agitate per conto loro.
Che cosa vuol dire libertà, che cosa vuol dire democrazia? Vuol dire prima di tutto fiducia del popolo nelle sue leggi: che il popolo senta le leggi dello Stato come le sue leggi, come scaturite dalla sua coscienza, non come imposte dall’alto.
Chiamare i deputati e i senatori i «rappresentanti del popolo» non vuol più dire oggi quello che con questa frase si voleva dire in altri tempi: si dovrebbero piuttosto chiamare impiegati del loro partito.
Dietro ogni articolo della costituzione, o giovani, voi dovete vedere giovani come voi che hanno dato la vita perché la libertà e la giustizia potessero essere scritte su questa carta.
Disse il cliente nello scegliersi il difensore: < Eloquente e furbo: ottimo avvocato >! Disse il giudice nel dargli torto: .
Dovunque è morto un italiano per riscattare la libertà e la dignità, andate lì, o giovani, col pensiero, perché lì è nata la nostra costituzione.
Gli avvocati non sono né giocolieri da circo, né conferenzieri da salotto: la giustizia è una cosa seria.
I giuristi non possono permettersi il lusso della fantasia.
I meccanismi della costituzione democratica sono costruiti per essere adoprati non dal gregge dei sudditi inerti, ma dal popolo dei cittadini responsabili: e trasformare i sudditi in cittadini è miracolo che solo la scuola può compiere.
Il diritto, fino a che nessuno lo turba e lo contrasta, ci attornia invisibile e impalpabile come l'aria che respiriamo: inavvertito come la salute, di cui si intende il pregio solo quando ci accorgiamo di averla perduta.
Il rinvio, simbolo della vita italiana: non fare mai oggi quello che potresti fare domani. Tutti i difetti e forse tutte le virtù del costume italiano si riassumono nella istituzione del rinvio: ripensarci, non compromettersi, rimandare la scelta; tenere il piede in due staffe, il doppio giuoco, il tempo rimedia a tutto, tira a campa'.
Il segreto della giustizia sta in una sempre maggior umanità e in una sempre maggiore vicinanza umana tra avvocati e giudici nella lotta contro il dolore.
In questa costituzione c’è dentro tutta la nostra storia, tutto il nostro passato, tutti i nostri dolori, le nostre sciagure, le nostre glorie: son tutti sfociati qui negli articoli.
Inutile la chiarezza, se il giudice, vinto dalla prolissità, si addormenta. Più accetta la brevità, anche se oscura: quando un avvocato parla poco, il giudice, anche se non capisce quello che dice, capisce che ha ragione.
L'avvocato che nel difendere una causa entra in aperta polemica col giudice, commette la stessa imperdonabile imprudenza dell’esaminando che durante la prova si prende a parole coll’esaminatore.
L'avvocato che si lagna di non essere capito dal giudice, biasima non il giudice, ma sé stesso. Il giudice non ha il dovere di capire: è l'avvocato che ha il dovere di farsi capire.
L'avvocato deve sapere in modo così discreto suggerire al giudice gli argomenti per dargli ragione, da lasciarlo nella convinzione di averli trovati da sé.
L'avvocato farà bene, se gli sta a cuore la sua causa, a non darsi l’aria di insegnare ai giudici quel diritto, di cui la buona creanza impone di considerarli maestri.
L'avvocato, il quale fino dal primo colloquio garantisce al cliente l’esito vittorioso della causa, piò darsi che sia un abile mestierante, ma non certo un grande scienziato. Somiglia piuttosto al giocoliere che garantisce di saper indovinare la carta che uscirà dal mazzo; qui la scienza non c’entra: è solo destrezza di mano.
L'interpretazione delle leggi lascia al giudice un certo margine di scelta: entro questo margine chi comanda non è la legge inesorabile, ma il mutevole cuore del giudice.
La costituzione non è una macchina che una volta messa in moto va avanti da sé. La costituzione è un pezzo di carta, la lascio cadere e non si muove. Perché si muova bisogna ogni giorno rimetterci dentro il combustibile. Bisogna metterci dentro l’impegno, lo spirito, la volontà di mantenere queste promesse, la propria responsabilità.
La libertà è come l’aria: ci si accorge di quanto vale quando comincia a mancare.
La libertà è condizione ineliminabile della legalità; dove non vi è libertà non può esservi legalità.
La nobile passione dell’avvocato dev’essere in ogni caso consapevole e ragionante: avere i nervi così solidi da saper rispondere alla offesa con un sorriso amabile, e da ringraziare con un garbato inchino il presidente burbanzoso che ti toglie la parola.
La nostra costituzione è in parte una realtà, ma soltanto in parte è una realtà. In parte è ancora un programma, un ideale, una speranza, un impegno, un lavoro da compiere.
La pigrizia porta ad adagiarsi nell’abitudine, che vuol dire intorpidimento della curiosità critica e sclerosi della umana sensibilità.
Nel giudice non conta l'intelligenza, la quale basta che sia normale per poter arrivare a capire come incarnazione dell'uomo medio, : conta soprattutto la superiorità morale, la quale dev'esser tanta da far sì che il giudice possa perdonare all'avvocato di esser più intelligente di lui.
Non si confonda la giustizia in senso giuridico, che vuol dire conformità delle leggi, con la giustizia in senso morale che dovrebbe essere tesoro comune di tutti gli uomini civili, qualunque sia la professione che essi esercitano nella vita pratica.
Ogni popolo, si potrebbe dire, ha la magistratura che si merita.
Per trovar la giustizia bisogna esserle fedeli: essa, come tutte le divinità, si manifesta soltanto a chi ci crede.
Per voler la pace non c'è altra via che quella di prepararla coi trattati di commercio e di lavoro, che stringono tra gli uomini legami di solidarietà; e chi prepara la guerra, anche a fini che crede difensivi, non fa altro, senza accorgersene, che volere la guerra.
Quando per la porta della magistratura entra la politica, la giustizia esce dalla finestra.
Solo là dove gli avvocati sono indipendenti, i giudici possono essere imparziali; solo là dove gli avvocati sono rispettati, sono onorati i giudici; e dove si scredita l’avvocatura, colpita per prima è la dignità dei magistrati, e resa assai più difficile ed angosciosa la loro missione di giustizia.
Una delle offese che si fanno alla Costituzione è l’indifferenza alla politica.