Basta un mal di denti per non farci credere nella bontà del creatore.
C'è gente profondamente credente, aspetta solo una religione.
Ci siamo liberati di dio, ma chi ci libererà dai credenti?
Come le preghiere degli uomini sono una malattia della volontà, così i loro credi sono una malattia dell'intelletto.
Credere in un Dio vuol dire comprendere la questione del senso della vita. Credere in un Dio vuol dire vedere che i fatti del mondo non sono poi tutto. Credere in Dio vuol dire vedere che la vita ha un senso.
Essere laici significa non essere fondamentalisti, non volere imporre agli altri le proprie credenze, razionali o irrazionali che siano.
I credenti sono troppo interessati ai benefici che possono trarre dalla loro fede per essere credibili.
I credenti tiepidi non si cimentano con la fatica del dubbio. Solo in un'alta misura di religiosità interiore si può trovare il coraggio di rinnegare l'esistenza di Dio.
I più grandi credenti sono quelli che non hanno altro da fare.
Il credente non si lascerebbe strappare la sua fede né tramite argomentazioni né tramite proibizioni. E se anche la cosa riuscisse nel caso di qualcuno, sarebbe una crudeltà. Chi per decenni ha preso sonniferi, naturalmente non può dormire se ne viene privato.
Il credente è un pover’uomo cui necessita di mendicare al cielo ciò che non possiede minimamente in sé.
Il credente è uno che manca di fede in sé stesso.
Il credente: Io sono un credente, signore, afflitto dal dubbio che Dio non esista.
L'ateo: Io, peggio. Sono un ateo, signore, afflitto dal dubbio che Dio, invece, esista realmente. È terribile.
Il dubbio è l'ombra della fede. Senza la capacità di dubitare, non si può essere credenti. È come il coraggio: senza la paura, non si può essere coraggiosi.
In fondo a ogni credo c'è qualcosa di terribile e duro, e un giorno il credente potrebbe dover soffrire per questo qualcosa.
In un paese di vecchi e nuovi credenti, mi trovo a mio agio con ragazzi di diciassette anni che non credono a nulla.
L'etica di un non credente è piú pura e disinteressata di quella di un credente che si comporta bene perché spera nella ricompensa e teme la punizione nell’aldilà.
L'uomo di fede, il credente di ogni specie, è necessariamente un uomo dipendente, un uomo che non può disporre se stesso come scopo, che non può in generale disporre scopi derivandoli da se stesso. Il credente non si appartiene, egli può essere soltanto un mezzo, egli deve essere usato, sente la necessità che qualcuno lo usi.
La differenza fra il teorico della fede e il credente è grande quanto quella fra lo psichiatra e il matto.
La fede (religiosa) è forse un mito. I credenti che si incontrano sono posseduti innanzitutto dai propri interessi. Ma se si prescinde dalla loro sorte, dalle loro paure, dai loro bisogni, la loro fede non è niente.
La speranza è la necessità per un credente e la priorità per un pessimista.
Le credenze sono ciò che dividono le persone. Il dubbio le unisce.
Le persone continuano a credere incrollabilmente in qualsiasi asserzione, per quanto assurda essa sia, quando godono del sostegno di una comunità di credenti che hanno la loro stessa mentalità.
Nei cosiddetti credenti si manifesta costantemente la tendenza a disprezzare le testimonianze dei nostri sensi, le deduzioni della nostra ragione, e a sostituire un sapere per quanto problematico con la fede, che talvolta, con notevole presunzione, essi amano definire la vera fede, come se questa fosse meno problematica.
Non basta essere credenti, bisogna anche essere credibili.
Ormai in dio non crede più nessuno, neppure i credenti.
Se sono credente? Dio solo lo sa.
Succede per la donna come per l'ostia consacrata: il credente ci vede Dio in persona, gli scettici solo un pezzo di pane senza lievito.
Tutti i credenti interrogati sulla loro fede, e pregati di spiegarla, non recitando parole che non sono loro, ma descrivendosi con esattezza da sé, o mentono, oppure comunicano effetti interiori che non hanno alcun rapporto con i dogmi che dicono e credono di credere.
Tutti, credenti e non credenti, possono giungere al ritrovamento di un nuovo significato: cercare la verità e sperare sempre nella possibilità di un mondo migliore.
Una cosa mi ha sempre profondamente stupito: che i credenti di tutti i tempi abbiano cercato e fornito prove dell’esistenza di Dio. E, naturalmente, tutte queste prove sono irrefutabili per coloro che le utilizzano. Disgraziatamente sono tali soltanto per loro: provano che essi credono in Dio, e niente più.
È assurdo pensare che non ci siano altre forme di vita all'interno della Galassia. O si è credenti e si ritiene che la Terra sia stata creata apposta per l'essere umano, oppure si è atei e ci si affida alla ragione e al calcolo delle probabilità.
È risaputo che alcuni credenti di strettissima osservanza hanno dubitato di Dio perché li aveva colpiti una grande sventura, magari per quanto provocata da loro stessi; però non si è mai visto nessuno che abbia perso la fede per aver ottenuto una felicità immeritata.